“Prima di partire per un viaggio, ricordati di svuotare la valigia. Ricordati che non hai bisogno di nulla, eccetto di una buona guida, del passaporto e dei soldi. Lascia a casa i vestiti e le innumerevoli scarpe…facile a dirsi, ma quando sei nella tua stanza con la valigia vuota e l’armadio pieno, tutto diventa indispensabile…persino tutti i prodotti di bellezza da “stipare” dentro il beauty (debolezza femminile!). Ma tutto il resto lascialo a casa e apriti al paese che vuoi visitare. La valigia si riempirà lì di vestiti, tessuti, spezie, statuette, immagini ….. e di foto. E di emozioni. Il tuo cuore e il tuo cervello si riempiranno di sensazioni che solo quando sarai a casa potrai riordinare. Come? Scrivendo un diario di viaggio, un pretesto per dare alle cose un immagine definitiva, sicuramente falsata rispetto alla loro realtà, per non dimenticare. Ed eccomi qui a raccontare la mia bellissima esperienza:
L’INDIA… un amore che ho cercato e che ho rincorso per tre anni, da quando Alberto ed io abbiamo deciso di adottare una bambina a distanza attraverso un’associazione che si chiama Assefa.
Dovendo prenotare il volo con largo anticipo, esattamente il 13 Febbraio, abbiamo avuto tutto il tempo di consultare internet, guardare i video su youtube, leggere i libri di narrativa indiana, insomma di prepararci psicologicamente a questa bellissima esperienza. Perché l’India è un viaggio che ti cambia la vita, e io volevo andarci perché sono disponibile a cambiare. C’è chi dell’India si innamora, chi dall’India torna sconvolto, ma l’India è da vedere, è da capire, è da scoprire!!! Io me ne sono innamorata fin dal primo momento in cui siamo atterrati all’aereoporto di Chennai, dopo circa 20 ore di viaggio… e non era mica finita, mancava ancora il volo interno per Madurai. E dopo tre voli, controlli dopo controlli (a Chennai siamo stati bloccati più di un’ora all’ufficio immigrazioni) incontriamo i sorrisi di Miss Vasantha e Mr Loganathan, i due direttori della Sarva Seva School. Arrivati in hotel prendiamo possesso delle nostre camere. Non mi sembra vero di poter aprire la valigia, sistemare i vestiti nell’armadio …insomma di sentirmi quasi a casa. Di solito, quando si fanno dei tour non ci si ferma mai più di una notte nello stesso albergo, ma questa volta è diverso. L’afa è opprimente, l’aria condizionata rumorosa, la via contigua all’hotel trafficata e rumorosa …ma la stanchezza ha la meglio e così la sera mi schianto sul letto e piombo in un sonno profondo.
La mattina presto percepisco solo dolci profumi: croissant e cappuccino, latte e cacao con i cereali, fette biscottate con la nutella, biscotti e marmellate … ma...ma cos’è questo trillo insistente? Maledetta sveglia …. suona anche in vacanza!! Ma quel che peggio è che la colazione indiana è un po’ diversa da quella sognata…c’erano poche fette di pane tostato, la marmellata SOLO di ananas e mango, una serie di padelle da cui ho provato l’idli…una sorta di polpettine di crema di riso ma il mio palato non è rimasto molto soddisfatto. Alle 9 si parte per Ayyanarpuram.
Non appena scendiamo dal pulmino ho già gli occhi lucidi. Davanti a noi un viale lunghissimo, i bambini sono schierati da una parte e dall’altra e sventolano le bandierine al grido di: “Wel-come, wel-come!”.
Sfiliamo lungo il viale…caspita, mi sembra di essere una star di Hollywood sul red carpet, solo che qui non servono i tacchi a spillo e i sorrisi che vediamo intorno a noi non sono quelli patinati delle riviste di moda ma sono assolutamente sinceri. Arriviamo in fondo al viale ed eccoli lì che ci stanno aspettando, sono più di mille, schierati come un vero e proprio esercito in miniatura. Il silenzio è quasi tombale, da noi una cosa così sarebbe una mission impossible, non riesci a farne stare fermi nemmeno tre figurarsi mille. I bambini intonano l’inno nazionale o comunque un canto tipico del loro paese che ti fa accapponare la pelle. Al momento dell’alzabandiera, altra grande sorpresa, una volta issata in alto sprigiona una cascata di petali.
Poi si prosegue la visita per il Centro scolastico e il nuovo Ostello.
Oggi siamo ospiti alla scuola di Mettupatty, quella frequentata dalla nostra figlia adottiva: la piccola Ruby. Sono emozionata come una bambina al suo primo giorno di scuola; da un anno aspetto questo momento ma non immaginavo che fosse solo una delle numerose giornate di intense emozioni. Arrivati al villaggio un gruppo di bambini sono già schierati davanti all’ingresso e ci accolgono con una danza di ispirazione gandhiana, dal momento che sulla pettorina hanno disegnato il volto del grande Mahatma Gandhi.
Entriamo in un aula, appesi al soffitto ci sono palloncini colorati, pupazzi di peluche e altri giocattoli, alle pareti foto e bigliettini vari. Guarda Alberto, c’è anche il nostro…che bello sapere che le è arrivato e che l’ha condiviso con i compagni. Abbiamo capito che qui mettono tutto a disposizione di tutti…et voilà, la prima lacrimuccia del giorno.
Entriamo in un aula dove i bambini sono divisi in nove gruppi. L’insegnante ci spiega che nella stessa aula, ogni gruppo studia una materia diversa: storia, geografia, matematica ecc… certo per lui non deve essere facile tenerli a bada tutti. Nessun problema, la direttrice è una donnina tosta che con la sua autorità mette tutti a tacere; ma sono bambini curiosi e anche se la nostra presenza li emoziona vorrebbero fare bella figura di quanto imparato. Qualche bimba si presenta ma nessuna si chiama Ruby. Terminata la lezione usciamo in cortile eccola lì…la piccola Ruby, oh mio Dio com’è bella!!! Mi ero preparata un sacco di domande ma davanti a questo splendore rimango ammutolita. Le consegnamo il nostro regalo, uno zainetto rosa con dentro album da disegno e matite colorate, spazzolino da denti e dentifricio, t-shirt e mutandine, elastici per capelli… e altri oggetti utili.
La bimba scuote la testa e io rimango un po’ perplessa, poi mi viene in mente che gli indiani muovono la testa a destra e a sinistra per dire sì (proprio al contrario di noi) e tiro un sospiro di sollievo…ma appena tiro fuori dallo zainetto una bambola, i suoi occhi si illuminano di gioia. Con l’aiuto dell’insegnante parliamo un po’ con lei; ha una sorella più piccola di nome Gittika, la sua materia preferita è il tamil…giochiamo insieme a lei con la palla, è bravissima a saltare alla corda, ci presenta orgogliosa le sue compagne di classe, ma anche oggi arriva presto il momento del pranzo, ci salutiamo con la promessa di rivederci dopo l’esibizione che ci hanno preparato. Scattiamo numerose foto del suo balletto ma finito lo spettacolo arriva troppo presto il momento di salutarci. Non ce la posso fare, la vedo correre verso di me e buttarmi le braccia al collo, la sollevo e la stringo forte a me, mi viene da sorridere pensando a quanto è magrolina, ma poi le lacrime hanno il sopravvento e scoppio in un pianto dirotto…l’unica volta che Alberto mi sta riprendendo con la videocamera, pazienza, su quel breve filmato resteranno impresse le emozioni che ho atteso per un anno intero, più naturale di così. A malincuore ci dirigiamo verso il pulmino e quando mi giro vedo la bimba in piedi sui gradini insieme alle compagne che mi saluta e mi manda un bacio… Vorrei non dovermene andare via più, non così presto, non so nemmeno quanto tempo passerà prima di poterla rivedere e chissà se riuscirò a rivederla. Ritorniamo a Madurai verso l’albergo e anche stasera, proprio come ieri piove e le strade si trasformano in fiumi solcati dagli inaffondabili e ronzanti tuc tuc.
L’accoglienza che ci riservano oggi al villaggio di Andhipuram è degna di un capo di stato. Appena scendiamo dal pulmino ci attende un altro viale pieno di bambini, tutti in fila a destra e a sinistra per centinaia di metri. Un gruppo di ragazzini ci circonda con un enorme ghirlanda verde e poi…musiche, danze, tamburi…veniamo letteralmente travolti da un fiume di allegria e sorrisi fino all’ingresso della scuola. Anche qui come nelle altre scuole i bambini aspettano con ansia il nostro arrivo per mostrarci le loro danze tipiche, le bambine con i loro sari coloratissimi sono semplicemente favolose. Ci sono anche dei giochi, un po’ come da noi al luna park… tocca pure a me provarci; non posso crederci, appena lancio il cerchio faccio subito centro…hmmm mi sa che c’è di mezzo il potere di qualche divinità induista. Vabbè…regalo subito il mio premio (dei braccialetti) alle bambine. Proseguiamo il nostro giro e abbiamo la fortuna di incontrare il “Doctor House” in versione indiana, uno splendido bambino ci spiega come funziona il cuore; anche se non ci abbiamo capito un granchè (la spiegazione era in Tamil), la passione e l’impeto della sua spiegazione sono stati più che convincenti tanto da far sorridere anche la direttrice Vasantha.
Arriva l’ora di pranzo e mentre un insegnante mi accompagna al bagno, vedo una scena molto curiosa…i bambini sono tutti in fila con la loro ciotolina in mano aspettando la loro porzione di riso; sembra una scena d’altri tempi, peccato non aver avuto la macchina fotografica con sè. Dopo pranzo vorremmo trascorrere un po’ di tempo con i bambini, gli insegnanti vorrebbero invece proseguire con le lezioni, ma Loganathan li convince ed eccoci in mezzo a loro…sono tantissimi, saranno più di mille…Alberto viene quasi soffocato dalle manine che si allungano mentre distribuisce caramelle, io mi cimento con le bolle di sapone e mi ritrovo schiacciata contro il muro; vogliono tutti provare a soffiare e creare questa semplice magia di una bolla…piccola, grande, puff scoppiata…è incredibile vedere come si divertano con così poco, leggo sempre la felicità nei loro occhi. Purtroppo quando ci si diverte il tempo vola e anche oggi è arrivato il momento dei saluti, i bimbi sono già pronti davanti all’ingresso e a malincuore li salutiamo. Starei qua delle giornate intere insieme a questi bambini, la loro gioia contagiosa ti scioglie il cuore. Non avrei mai pensato di vivere delle emozioni così intense…e pensare che non sono ancora finite.
Nel pomeriggio partenza verso l’albergo di montagna (2000 metri), e dopo 3 ore di ripide salite, curve a gomito e crepacci mozzafiato sbuchiamo in un angolo di paradiso fatto di una rigogliosa vegetazione che solo in India può esistere a questa altitudine; ci sono persino le stelle di Natale. La temperatura di montagna inizia a farsi sentire, tiro fuori la mia felpa, il pigiama lungo e tutti gli scialli che ci hanno regalato le insegnanti e che diventano una sorta di copriletto fai-da-te. Che silenzio, che pace, che tranquillità! Stanotte ragazzi si dorme sul serio!
Oggi andiamo a visitare la scuola di Palani Hills. Quando arriviamo i bambini ci stanno aspettando, emozionati proprio come noi; sono molto più piccoli rispetto a quelli incontrati fino ad ora. Sono bellissimi con la cravattina e le scarpe di qualche numero più grande, alcuni di loro indossano anche un maglioncino, sembrano degli ometti in miniatura. I bambini più piccoli son un po’ spaventati, si domanderanno: ma chi sono questi, da dove vengono e perché sono vestiti così. Ci mostrano le aule, soltanto tre, e poi ci cantano una graziosa canzoncina: ”listen to the music, listen to the music!”
Io e Sandra andiamo a vedere i bambini che stanno mangiando. Sono tutti in fila seduti per terra a gambe incrociate, con la loro ciotolina di riso e la bottiglietta d’acqua davanti a loro; sono ordinati, composti e, per l’età che hanno, anche molto ubbidienti. Appena uno di loro finisce, si alza e cede il posto al compagno, poi va a lavarsi la propria ciotolina. Sandra ed io li seguiamo e scopriamo che dietro l’angolo c’è un insegnante che li aiuta, ma per il resto sono molto indipendenti. Alcuni di loro camminano con passo incerto, forse per colpa delle scarpe troppo grandi o forse imbarazzati dalla nostra presenza. Terminato il loro pranzo tiriamo fuori dalle borse palloncini, fischietti e trombette, bolle di sapone e ci buttiamo in mezzo a loro…che festa ragazzi! Non si spaventano nemmeno allo scoppio di un palloncino, anzi, ogni volta che ne facciamo scoppiare uno, sale un grido di gioia e alla fine anche questo diventa per loro un gioco. Nella classe dei più piccoli tiro fuori un sacchettino dalla borsetta e lo do all’insegnante, ci ho messo dentro elastici colorati e mollettine per capelli, provo un grande piacere quando vedo una bimbetta con la mollettina turchese infilata tra i capelli neri come la pece che sorride, bellissima…un piccolo gesto che da noi diventa quasi meccanico, qua è capace di regalarti una gioia immensa. Usciamo in cortile per la foto di gruppo e prima di salutarli do ancora uno sguardo a tutti questi bambini…quella con la mollettina turchese tra i capelli, quello con il berretto calcato sulla testa, il piccolo ometto con il maglioncino e la cravatta e quello con le scarpe vecchie e consumate e la felpa di tre taglie più grande…ma tutti con lo sguardo pieno di felicità, uno sguardo che ti penetra nel cuore e ti rimane impresso per sempre. Ed è così che ci lasciamo alle spalle questo angolo di paradiso. Anche se abbiamo trascorso qui solo una notte ci siamo abituati a questa oasi di pace e il pensiero di ritornare in albergo a Madurai, caotica e chiassosa è terribile……..(il diario prosegue).
Normalmente viaggiamo per veder luoghi a noi sconosciuti, o per incontrare i nostri cari a lungo non visti; li facciamo per vedere con gli occhi luoghi lontani, per sentire profumi intensi e nuovi, per rilassarsi in un luogo perduto o esotico, o per circondarci di colori di un incantevole giardino o sopportando i rumori di una metropoli affollata ma piena di vita. Ma sono pochi i viaggi come questo che facciamo per la nostra anima, circondati dal calore di un abbraccio, dai sorrisi che ti toccano il cuore e dagli sguardi colmi di felicità. Sono attimi stampati su un album fotografico, memorie scritte in un diario, ma niente è come averli impressi nel tuo cuore…per sempre.”
Barbara Pallavicini
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