08/03/2019
Carissime/i, in occasione dell' 8 marzo, festa della donna, desideriamo inviarvi un articolo dal titolo "Empatia e il quotidiano" scritto (in inglese) da Nisha Subramanian che è una giornalista appartenente all'organizzazione Teach for India e che è impegnata in un progetto di ASSEFA INDIA nella zona di Cuddalore, sulla costa dove nel 2005 lo tsunami provocò migliaia di morti. Il suo compito è quello organizzare corsi di aggiornamento per le insegnanti delle locali Sarva Seva Schools per portare a loro conoscenza metodi di insegnamento scolastici più idonei alle nuove generazioni di studenti. Inoltre segue anche un gruppo di donne, mogli di pescatori, in un progetto di sartoria (Seva Resource Tailoring) finanziato da ASSEFA INDIA.
Pensiamo al ruolo della donna nella nostra società ma anche nelle società più difficili dove essa è il vero perno dello sviluppo fatto di silenzi, sacrifici dignità e amore.
Auguri di cuore a tutte le donne e in particolare alle donne di Assefa Alessandria a cui diciamo "Grazie" per condividere l'impegno dell' associazione al miglioramento delle condizioni di vita delle donne del sud del mondo e per continuare a sostenere le iniziative in loro favore.
Rosanna e Franco Giordano
Empatia e il quotidiano
L'ultima mattinata è iniziata con un incontro a scuola in cui si discutevano le strategie per migliorare i comportamenti violenti avvenuti di recente. Sono emerse alcune storie: storie di violenza domestica come , quella di un bambino appeso a testa in giù e picchiato dai genitori perché le insegnanti hanno segnalato alcune lamentele sugli apprendimenti scolastici. Un'ora di discussioni su possibili strategie per risolvere tale problema. Poi il mio team ed io siamo uscite dirette ai vari incontri della giornata. Ho scelto di andare al Seva Resource Tailoring Center (ASSEFA) per incontrare le donne che lavorano nella sartoria. Il clima era triste, mancavano le solite battute scherzose e ho quindi riflettuto sul perchè della mancanza di allegria da parte loro e mi è venuto in mente il perché ... queste donne lottano quotidianamente per bilanciare i propri impegni familiari con il lavoro, esse alcune volte sono costrette a disertare improvvisamente il lavoro non riuscendo a produrre sufficienti borse di stoffa. Ogni donna seduta davanti a me aveva già combattuto quella mattina la sua battaglia personale in casa con il marito, gli suoceri e altri parenti. Ognuna aveva già subito violenza verbale, o umiliazione o addirittura era già stata picchiata perchè non si prendeva, secondo il marito, gli suoceri e parenti vari, cura a sufficienza dei figli in quanto andava a lavorare in sartoria. Ognuna di loro aveva già ingoiato amarezza e lacrime, ma nonostante tutto, eccole lì sedute per terra a cucire e questo per terminare un ordine ricevuto per un matrimonio ma soprattutto per riuscire a portare a casa un pò di soldi per la famiglia, pur sapendo che è assolutamente insufficiente per ripianare i debiti contratti e che in qualche modo lei e tutta le sua famiglia devono restituire. Tornando in ufficio e guardando attraverso i dati delle presenze, mi imbatto nella storia di una insegnante che e’ stata sfrattata da casa sua per non aver pagato un debito. Una storia di umiliazioni e traumi. Lei oggi e’ tornata a scuola e e non fa trapelare in nessun modo il grande peso che l’affligge. Altre due insegnanti chiedono il permesso di interrompere il lavoro dopo pranzo per partecipare al funerale di una loro amica, loro compagna di college che si e’ suicidata la sera prima. Anche se tristi, scosse e col cuore spezzato sono venute a scuola per svolgere il loro ruolo di insegnanti. Hanno condiviso con le altre insegnanti il coraggio e la determinazione della amica suicida e quanto sia per loro importante poter parlare di queste realtà di vita sociale perchè in casa è assolutamente proibito discutere e manifestare il loro disagio. E sono sempre più numerose le donne e madri che scelgono la strada del suicidio piuttosto che la vita, tanto è la loro sofferenza e impossibilità di sostenere tale peso.
Cammino nella mia casa sorprendentemente tranquilla, ho preso un momento per sedermi e non fare niente; le storie dei nostri figli, delle madri, degli insegnanti, ognuna di queste persone incredibili che stanno combattendo dentro e fuori casa così tante sfide mi porta a pensare al mio viaggio con "empatia".
Ricordo il mio primo incontro ravvicinato con una dura realtà quando mi sono offerta volontaria presso il Padiglione di oncologia pediatrica di Chennai. Piangevo silenziosamente dopo ogni incontro con i bambini. Quando poi sono passata a insegnare ai bambini di Govandi a Bombay, non avevo nemmeno un po' di comfort familiare dove rifugiarmi, la vita dei bambini era il mio unico scopo ed era profondamente connessa con la mia vita stessa.
Nel corso degli anni l'empatia ha smesso di essere lacrimosa ed è diventata feroce e arrabbiata. L'empatia ha rafforzato il mio scopo che è passato ad una fase in cui mi sono spesso chiesta se la mia pelle si sia indurita nelle lotte o meno. La storia di una donna che non ha il permesso di lavorare oppure di un bambino che viene picchiato non mi fa lacrimare, non mi paralizza mentalmente per tutto il giorno, quello che mi scuoteva prima non mi colpisce più nello stesso modo ora.
Quindi mi chiedo “Dov'è la mia empatia?”. "Empatia" ora sembra essere diventata un partner, un compagno di lavoro, un'amica, un'ombra che percorre il sentiero, talvolta in agguato dietro le decisioni che adottiamo, essendo la voce della ragione quando ci chiediamo, "per mezzo di chi stiamo cercando di fare del bene?". A volte, decido di suggerire a una donna di uno dei nostri villaggi di non presentarsi al lavoro se non può essere puntuale, ma suggerisco anche a un insegnante di essere puntuale a scuola, pur sapendo che deve cambiare due autobus dagli orari imprevedibili per raggiungere la meta, sovrastandomi quando stiamo decidendo di dare una seconda possibilità a qualcuno, facendomi sentire così piccola quando la signora del latte mi porta da casa sua verdura fresca per la nostra figlia; mi si forma un nodo in gola quando vedo una ferita sulla mano di una insegnante a seguito di una recente lotta famigliare.
Qualche volta mi scende una lacrima, quando una mamma che è rimasta vedova piange a dirotto, raccontandomi che la borsa di studio ricevuta per il figlio è il primo aiuto che lei ha avuto nella sua lotta decennale di donna rimasta sola.
L'empatia, a volte, è un fattore abilitante e, a volte, è la forza che scende in me. Altre volte, mentre navigo per l’India rurale con i miei difetti ed i miei privilegi, l'empatia mi aiuta a imparare, mi rende curiosa, rendendomi sempre una persona migliore di quella che ero.
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