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India, un mese senza rupie fra morti e code nelle banche

Un flop il piano di Modi di sospendere i tagli di banconote più grandi. Milioni di poveri senza conto corrente ora privi di soldi e alla fame

 

08/12/2016

 

CARLO PIZZATI
CHENNAI (TAMIL NADU)
L’audience stupefatta che ascoltava il premier Modi in diretta, la sera dell’8 novembre, non era consapevole d’essere appena diventata la cavia di uno dei più vasti esperimenti di demonetizzazione della storia. Con una sola frase, il nazionalista indù a capo della più popolosa nazione del mondo ha reso illegali 23 miliardi di rupie, l’85 per cento delle banconote in circolazione: «Fratelli e sorelle, per metter fine alla stretta della corruzione e del denaro in nero, abbiamo deciso che da questa mezzanotte le banconote da 500 e 1000 rupie attualmente in uso non saranno più legali».

E niente, tutto un corri corri a spendere il possibile prima di mezzanotte e poi a capire cosa sarebbe successo nelle settimane successive. Sacrificio nell’interesse nazionale. Contro i falsari del Pakistan. Contro gli evasori fiscali. A favore dei poveri. Vantaggi sul lungo termine. Ma il predecessore di Modi ha ricordato, come ripeteva l’economista John Maynard Keynes, che «nel lungo termine saremo tutti morti».

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L’annuncio dava la possibilità, fino al 30 dicembre, di spendere banconote in alcuni esercizi pubblici e per scambiare banconote vecchie con le nuove da 2000. Poi Modi anticipava la scadenza mettendo nei guai 600 milioni di poveri senza conto in banca e 300 milioni senza carta d’identità. Pochi tutt’ora accettano le banconote da 2000 per paura di perdere i biglietti da 100 (1,37 euro).

Nelle settimane a seguire, fino agli spari in una banca del Punjab in questi giorni, si è generato il caos. Disperati che scalano i lampioni per entrare nelle filiali, sacchi di banconote nella spazzatura, bigliettoni con l’effigie di Gandhi che fluttuano nel Gange, brandelli di rupie tra cumuli di ceneri fumanti, e banconote sminuzzate in malloppi non dichiarati.

Qui in India, il 98% delle transazioni è in contanti. L’impatto sull’economia e il commercio è serio. Si parla di gente alla fame in fila per ore per piccoli depositi. Per non dire delle centinaia di persone morte per attacco cardiaco, esaurimento o spossatezza al caldo fuori dalle banche. La Corte Suprema esaminerà le accuse di chi s’è costituito parte civile contro il governo. Il giudice TS Thakur ha ammesso: «La gente sta soffrendo, il problema è serio». «Cura peggiore della malattia» è l’analisi di «Forbes», «contadini e poveri la categoria più colpita».

Si voleva colpire quel sommerso che per la Banca Mondiale è un quinto del totale, ma gli esperti indiani dicono s’aggiri dal 25 al 40%. Il «New York Times» ha smontato i calcoli ottimistici di Modi: «Solo un impatto temporaneo sulla corruzione. Il governo ripristini la vecchia banconota da 500, prima di altri danni». Intanto, villaggi e contrade tornano al baratto, migliaia i matrimoni rinviati, si compra meno oro e la Borsa di Mumbai tocca il livello più basso di tutto l’anno.

L’opposizione ha organizzato una «giornata di rabbia» con tiepido successo. Modi ha detto: «Vi chiedo di fare questa coda perché sarà l’ultima che farete». E più che crederci, come spiega il sociologo Sanjay Srivastava, tanti poveri sono convinti del «bisogno collettivo di sofferenza per la nazione, sicuri che la sofferenza li renda liberi, e che sia la strada per la salvezza personale e collettiva».

Strano, perché secondo Credit Suisse, l’1% degli indiani possiede il 58% della ricchezza nazionale. Ma, con spirito indù di non attaccamento, molti accettano le perdite nel commercio, vendite al dettaglio, ristoranti, gioiellerie, negozietti e agricoltura. Modi può contare su uno spirito religioso che dice: se accolgo questo destino, mi andrà meglio nella prossima reincarnazione. Ma c’è chi invece lo accusa d’essere una Maria Antonietta induista che grida: «Se non hanno la carta moneta, che usino la plastica» e si muniscano di carta di credito.
Pubblicato da "LA STAMPA" del 8.12.2016

 

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