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Bambini al lavoro 
l’India è vicina

il governo di Delhi cambia le leggi e permette 
di assumere i minori di 14 anni. Un passo indietro sui diritti che non può lasciarci indifferenti

 

24/05/2015

 

Roberto Saviano
L'antitaliano

«La politica è l’arte di servirsi degli uomini facendo loro intendere di servirli». Parto da questa osservazione sagace e drammatica dell’intellettuale svizzero Louis Dumur per raccontare ciò che sta accadendo in India, sotto lo sguardo indifferente del resto del mondo. Il governo indiano ha approvato un emendamento al Child Labour Prohibition Act che di fatto proibiva il lavoro minorile a vantaggio di un percorso scolastico certo e più duraturo, e lo ha fatto con due motivazioni sulle quali dovremmo raccogliere tempo e approfondire. La prima è di carattere pratico: il lavoro minorile, secondo il ministro del Lavoro indiano Bandaru Dattatreya, aiuterà le famiglie più indigenti a uscire da una situazione di estrema povertà. Il secondo è un’assurdità spacciata per buon senso: il lavoro minorile darà ai bambini quello “spirito imprenditoriale” necessario nel loro futuro di lavoratori.

Sul piatto della bilancia da un lato l’istruzione e politiche di welfare su cui non è possibile - o almeno non dovrebbe esserlo - effettuare tagli, dall’altro un impoverimento del mercato del lavoro che si sta spacciando per necessario, anzi benefico.

E se da un lato, in un paese popoloso come l’India, dove spessissimo il lavoro minorile non viene denunciato anzi caldeggiato, è molto difficile dare cifre, dall’altro è pur vero che dal 2001 a oggi il numero di bambini costretti a lavorare era notevolmente diminuito da 12,6 milioni a 4,3 milioni nel 2014 anche grazie a una legge introdotta nel 2009 che prevede educazione obbligatoria e soprattutto gratuita fino ai 14 anni. Ecco, l’emendamento appena approvato, va esattamente nella direzione opposta, spostando la lancetta dei diritti umani indietro di un decennio e soprattutto allontanando definitivamente la possibilità di emancipazione delle classi sociali più povere - i dalit - e delle minoranze da sempre marginalizzate e costrette ai lavori più umili. Se i bambini possono lavorare, allora prenderanno il posto di molti adulti, che andranno a ingrossare le file dei disoccupati. Se poi i bambini potranno lavorare non avranno tempo per l’istruzione e quindi non avranno alcuna possibilità di migliorare la propria condizione sociale, né di rendere l’India un paese emancipato. Il Ministero del Lavoro indiano assicura che i bambini potranno lavorare esclusivamente in orario extra scolastico o nei periodi destinati alle vacanze e che sarà punito con aspre pene il datore di lavoro che dovesse trasgredire. Aggiunge poi che i bambini fino ai 14 anni potranno essere impiegati esclusivamente in aziende familiari, non specifica però che in India moltissime aziende sono registrate sotto la categoria di “aziende familiari”.

Tutto questo non dovrebbe suscitare l’interesse e l’indignazione solo delle organizzazioni umanitarie che si occupano di garantire i diritti dei minori, ma dovrebbe essere centrale nel dibattito politico soprattutto delle sinistre di tutto il mondo, che hanno ormai abdicato totalmente al loro principale compito, quello di battersi perché vi siano ovunque condizioni di lavoro dignitose e un salario minimo garantito.

La risposta politica unitaria a un mercato senza regole non può essere più uno statalismo radicale e nemmeno il controllo dei prezzi, ma un vincolo che preveda l’impossibilità di importare e acquistare prodotti provenienti da paesi che non garantiscano salari minimi dignitosi, che consentano il lavoro minorile. Mentre scrivo mi viene in mente un documentario di Luigi Comencini del 1970 “I bambini e noi - La fatica” che racconta la storia sconosciuta dei valani, bambini venduti al lavoro agricolo per un sacco di grano a Benevento. Era una sorta di “attrazione” cittadina, ci si riuniva nella piazza accanto al Duomo, piazza Orsini e lì, nel giorno dell’Assunta, per secoli si è svolta la pubblica vendita di mano d’opera agricola. A denunciare questa pratica fu per la prima volta nel 1950 un articolo che lo descriveva come un vero e proprio mercato della carne umana.

Tutto questo ci sembra lontano, foto e frammenti di video in bianco e nero a segnare la distanza temporale, eppure accade in un mondo che è il nostro, che è ancora più vicino perché l’economia mondiale non è a compartimenti stagni, ma tutto ciò che accade in India ha effetti sulla nostra vita. Mancanza di democrazia in India e lavoro minorile non pesano nel dibattito italiano. Li crediamo lontani? Nulla di più falso: questi meccanismi sono a un passo dal ritornare nel nostro Sud e non solo.

Fonte : http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2015/05/20/news/bambini-al-lavoro-l-india-e-vicina-1.213398

 

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