23/07/2014
Sono cosciente di assistere fortunosamente a scene uniche nel loro genere oppure a perderne altrettante solamente prendendo l’improvvisa decisione di proseguire anziché fermarmi, di restare invece di muovermi.
Così vedo, ma non fotografo, una mamma che con un piede spazza la pozza di pipì del suo bimbo, un movimento che tanto sembra quello che a volte si compie quando si parla, si ragiona, ci si concentra guardando in terra e oscillando la gamba a destra e a sinistra.
Cosa può esserci, di più bello? Mai donna è stata più madre di lei. Sparpaglia urina figliale in piccoli spruzzi, dando l’idea che lo faccia ogni volta, un abitudine elegante e perfettamente alternativa al sudiciume che giace intorno a lei.
Così fotografo, ma realmente non vedo, un moribondo seminudo che giace in posizione fetale su un marciapiede a soli due metri dal ventoso passaggio dei vagoni.
Mi trasformo in una iena dello scatto fotografico, che esclama a se stessa pensieri soffiati: “occasione imperdibile! che immagine irripetibile!”.
La figura stilizzata dell’uomo precede lunghi binari che si perdono in un dove sfocato.
Fonte: Giorgio Ricci, amico di ASSEFA che ha pubblicato il libro " Sette autisti, un'automobile indiana"
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