29/07/2011
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – La centrale Reserve Bank of India (Rbi) ha innalzato il costo del denaro all’8%, con un aumento dello 0,5%, l’11mo aumento in 18 mesi. L’aumento è stato maggiore del previsto e la Rbi lo ha definito “necessario” per combattere la crescente inflazione, che ormai supera la crescita economica.
L’inflazione ha raggiunto il 9,44% e si prevede arriverà al 12%, prima di fermarsi e diminuire entro la fine del 2011. Ma molto maggiori sono gli aumenti per gli alimentari e altri generi di prima necessità che falcidiano i redditi delle famiglie meno abbienti. Fra l’altro la scarsità di infrastrutture rende spesso difficile trasportare le derrate alimentari e si calcola che il 40% della frutta e della verdura marcisca prima di poter essere trasportato e venduto.
Il dato allarma anche perché l’inflazione supera da tempo la crescita economica, fissata per il 2011 intorno all’8%.
Il governatore della Rbi Duvvuri Subbarao ha spiegato che il forte aumento del costo del denaro è stato necessario anche per l’assenza di precise iniziative del governo per superare l’attuale crisi. Il vicegovernatore Subir Gokarn ha detto che persino le spese sociali del governo, in materia di sanità e di sussidi alimentari, spingono l’inflazione in assenza di una politica di contenimento.
Ora la Rbi vuole “moderare” la crescita per “abbattere l’inflazione nel breve termine”. Ma i risultati sono incerti.
Lo Stato manca di fondi sufficienti per incrementare sia le infrastrutture, essenziali per attirare investimenti e per lo sviluppo economico nel breve termine, sia i servizi sociali come la sanità e l’istruzione. Inoltre persegue una politica di sussidi a favore della popolazione meno abbiente che assorbono importanti risorse. Subbarao ha insistito che “senza azioni appropriate [del governo] per superare l’attuale carenza, specie per alimenti e infrastrutture, occorre anzitutto interrogarsi circa la capacità dell’economia di sostenere l’attuale tasso di crescita senza [alimentare una] significativa pressione inflattiva”. Inoltre ha criticato il governo anche per il suo “largo deficit fiscale”, che contribuisce all’aumento dei prezzi.
All’opposto B. Muthuraman, presidente della Confederazione industriale Indiana e vicepresidente della ditta leader Tata Steel Ltd, ritiene che la crescita dell’inflazione sia pure inevitabile conseguenza dell’aumento globale dei prezzi di materie prime e prodotti. Egli osserva che il forte aumento del costo del denaro “rallenterà in modo serio il tasso di crescita dell’industria”, già in difficoltà, e che occorrono investimenti di New Delhi per sostenere l’economia, anche perché “un collasso nella crescita colpirebbe i posti di lavoro”.
Il premier Manmohan Singh è criticato per una politica incerta sia con riguardo all’inflazione che alla crescita economica. A fronte dell’aumento dei prezzi, New Delhi ha intrapreso una serie di misure di sussidio della popolazione meno abbiente. Ad esempio Singh prevede di approvare per agosto la fornitura di grano e riso a prezzi politici al 70% dei 1,2 miliardi di indiani. Queste iniziative, seppure molti le ritengono necessarie contro il crescente spettro della fame, sono da altri criticate perché non avvengono entro un generale progetto di sviluppo del Paese. Per crescere l’India ha bisogno di investimenti esteri, che però sono in forte contrazione: meno 43% nel primo semestre dell’anno fiscale 2010/2011 finito il 31 marzo. Secondo dati delle Nazioni Unite, gli investimenti esteri diretti in India sono scesi dai 36 miliardi di dollari del 2009 ai 25 miliardi del 2010.
Intanto alla scarsità di infrastrutture e di facilitazioni creditizie si aggiunge il forte aumento del costo del lavoro, che esperti prevedono che possa crescere nel 2011 di una media del 13%, il maggior aumento in Asia.
Fonte: www.Asianews.it