12/06/2011
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Lo sviluppo economico dell’India ha portato a una vera e propria guerra per la terra, tra poveri agricoltori - per i quali è l’unico mezzo di sostentamento - e finanziatori che vogliono realizzare complessi industriali e quartieri residenziali. Conflitto reso più acerbo per l’applicazione di leggi coloniali ancora in vigore.
La cronaca riporta continui aspri confronti tra investitori esteri e popolazioni rurali: la JayPee Infratechin Uttar Pradesh per la costruzione della linea ferroviaria Yamuna; la sudcoreana Posco in Orissa per realizzare un complesso industriale su terre agricole; la francese Areva nel Jaitapur: l’elenco è lungo. Lo Stato spesso privilegia le esigenze della produzione e manda la polizia per stroncare le proteste.
A Bhatta Parsual, Greater Noida (Uttar Pradesh), la Jiaprakash Associates ha acquisito circa 2.400 ettari di terra per realizzare quartieri residenziali e strutture sportive, compreso una pista automobilistica da Formula uno. E’ anche prevista una linea ferroviaria espressa di 165 chilometri, con l’acquisizione del territorio di 1.225 villaggi.
Il governo ha espropriato le terre con la Land Acquisition Act, legge coloniale del 1894 che riconosce ampi poteri allo Stato e scarsa tutela alle popolazioni rurali, e ha offerto ai residenti 300 rupie (4,59 euro) per metro quadro, davvero troppo poco per comprare un’altra casa e per vivere. Soprattutto gli anziani non accettano di lasciare la loro terra. I finanziatori rivendono poi la proprietà a 600mila rupie al mq. Dopo le proteste, gli agricoltori sono scesi in piazza. Ci sono stati scontri con la polizia, con 4 morti il 7 maggio.
In Jaitapur, Maharashtra, la francese Areva deve costruire il maggiore impianto nucleare del mondo, l’India punta molto sul nucleare per avere energia a buon mercato. La popolazione è contraria (nella foto, una marcia di protesta). Il 18 aprile ci sono stati scontri con la polizia che ha sparato contro i dimostranti, con un morto e 6 feriti gravi.
Più grave la situazione a Jagatsinghpur, Orissa, dove da 5 anni i residenti si oppongono agli espropri per la costruzione di una acciaieria della Posco e di infrastrutture. Nei giorni scorsi il governo ha schierato 20 battaglioni di esercito e polizia per impedire proteste: per cacciare i contadini, vuole distruggere 40 fattorie di palma betel al giorno. Da questa coltivazione i contadini guadagnano circa 400mila rupie per acro all’anno.
Secondo dati ufficiali, il 65% della popolazione indiana è ancora dipendente dalla terra, ci costruisce la casa e ne trae di che vivere. Nei piccoli centri rurali si crea il tessuto sociale e la solidarietà che accompagna la persona nella vita.
Ma i finanziatori pretendono terra gratis o a buon mercato, per realizzarci complessi industriali, nuovi quartieri, strade, ma persino soltanto piantagioni per il carburante biologico. Le terre coltivate sono molto più facili da sfruttare di foreste e altre zone poco abitate.
I governi statali hanno bisogno di investimenti per creare strutture e posti di lavoro e li favoriscono con la creazione di Zone Economiche Speciali, con cessione o affitto del terreno a prezzo minimo e forti esenzioni fiscali. Persino organi internazionali, come la Banca Mondiale, finanziano opere come strade e porti, spesso senza considerare le esigenze di chi abita sulla terra: un indennizzo – osservano esperti- non compensa chi perde casa, coltivazioni, tenore di vita, rapporti sociali.
Fonte : www.asianews.it