08/03/2010
NEW DELHI
Due settimane fa, diciassette giorni dopo essere nata, Pranjali è finita in un ospedale di Mumbai. Respirava a fatica: i medici le hanno trovato un chiodo di sei centimetri conficcato nell’esofago. Impossibile che l’avesse inghiottito da sola, così i primi indiziati sono stati i suoi genitori. La polizia sospetta che volessero uccidere la neonata: la loro seconda figlia, quindi, una seconda iettatura, un altro fardello economico.
Ancora nel ventunesimo secolo l’India non è un Paese per donne. Ma uno in cui le nascite dei maschi sono accolte da feste e musiche, quelle delle bambine no. Perché averne una significherà accollarsi il peso di un’onerosa dote quando verrà data in sposa e finanziare un’istruzione destinata ad aumentare il reddito di un’altra famiglia. Quindi, pensano tuttora in molti, tanto vale disfarsene. Il risultato di questa mentalità è scritto nei censimenti. Nel 1991 c’erano 945 femmine ogni 1000 maschi. Nel 2001 - l’ultima statistica disponibile - il rapporto era di 927 a 1000.
Il governo non riesce a fermare quello che lo stesso primo ministro Manmohan Singh ha definito «una vergogna nazionale»: gli aborti selettivi. Da qualche decennio, infatti, la predilezione indiana per i maschi ha trovato un alleato nelle ecografie. Ne basta una per scoprire se chi si ha in grembo non è gradito e passare all'aborto. In realtà, proprio per arginare il fenomeno, rivelare il sesso del nascituro è vietato da 15 anni. Ma le condanne alle infrazioni sono rare. «Il governo non s’impegna a far rispettare la legge - spiega l’attivista Sabu George - e i medici hanno creato un business». Cliniche che offrono un’ecografia si trovano anche nei paesini più spersi. Così, pagando 50-70 euro, le donne indiane possono evitare l’infamia, e le violenze dei mariti, che mettere al mondo una bimba comportano.
Per fermare gli aborti selettivi le autorità hanno introdotto anche assegni in favore delle neonate. Ma gli incentivi economici non sembrano in grado di scalfire la mentalità patriarcale indiana neanche nelle città. Basta guardare a Mumbai, la metropoli della bimba ricoverata due settimane fa e quella che viene comunemente ritenuta la più liberale del paese. Il rapporto tra maschi e femmine qui è di 898 a 1000, peggiore della media nazionale.
Articolo di : VALERIA FRASCHETTI
Pubblicato su LA STAMPA del 7 Marzo 2010